mercoledì 3 maggio 2017

Il nuovo ordine mondiale di Putin



Il nuovo ordine mondiale di Putin
 fonte http://sakeritalia.it
Vladimir Putin è il leader russo più popolare di tutti i tempi?
Sembra proprio di sì: in una recente indagine condotta dal Centro di Ricerca per la Pubblica Opinione di Tutte le Russie, l’indice di gradimento di Putin è salito ad uno strabiliante 86 per cento, il doppio di quello di Obama quando lasciò l’incarico nel 2016. E quel che è più sorprendente è che la popolarità di Putin ha resistito nonostante una grave crisi economica e quasi due decenni in carica. A differenza della maggior parte dei politici, la cui popolarità dura tra i 4 e gli 8 anni, l’ammirazione del pubblico per Putin è cresciuta sempre di più nel tempo.
E il fenomeno non è limitato alla Russia: secondo una recente indagine condotta dal sito di sondaggi YouGov, “Putin è il terzo uomo più ammirato in Egitto, il quarto in Cina, Arabia Saudita e Marocco e il sesto uomo più ammirato in Germania, Francia e Svezia”. E non parliamo nemmeno della Siria, dove impazza la moda di chiamare i neonati come il presidente russo.
Putin ha vinto anche il prestigioso premio della rivista Time – Uomo dell’Anno nel 2007, e nell’ultimo decennio è rimasto tra i primi dieci di quella lista. L’unico paese in cui Putin non è popolare sono gli Stati Uniti, dove viene ininterrottamente demonizzato dai media come “sgherro del KGB” o “nuovo Hitler”. Secondo un sondaggio Gallup del 2017, solo “il 22% degli Americani ha un’opinione favorevole di Putin” mentre “il 72% ha un’opinione sfavorevole di lui”.
Non c’è dubbio che gli attacchi personali dei media a Putin abbiano drammaticamente influenzato la sua popolarità. La domanda che le persone con una mentalità aperta devono farsi è se il loro parere su Putin sia il risultato di una propria ricerca, o se le loro opinioni siano state plasmate dalla scorrettezza dei media corporativi, che denigrano tutti coloro che ostacolano le ambizioni geopolitiche di Washington? Il mio consiglio a queste persone è semplicemente di leggere le parole di Putin da soli, e trarre le proprie conclusioni.
I media occidentali sostengono che Putin è responsabile di una serie di reati, tra cui l’uccisione di noti giornalisti e rivali politici. Ma è vero? L’uomo che è tanto venerato dalla grande maggioranza dei Russi, è un comune sicario mafioso che elimina i suoi nemici senza battere ciglio?
Non posso rispondere, ma dopo aver seguito la carriera di Putin (e letto molti dei suoi discorsi) da quando ha sostituito Boris Eltsin nel dicembre 1999, credo che sia molto improbabile. La spiegazione più probabile è che la politica estera della Russia ha creato ostacoli insormontabili a Washington in luoghi come l’Ucraina e la Siria, così Washington ha ordinato al suo ministero della propaganda (alias – i media) di ritrarre Putin come un malvagio tiranno e un bandito. Almeno questo è il modo in cui i media si sono comportati in passato.
La classe politica statunitense amava ovviamente Eltsin, perché Eltsin era un buffone compiacente che ha sventrato lo stato e ha ceduto a tutte le richieste delle corporazioni occidentali. Non così Putin, che ha compiuto grandi passi avanti nella ricostruzione del paese mediante la nazionalizzazione di una parte dell’industria petrolifera, affermando la sua autorità sugli oligarchi e ripristinando il potere del governo centrale.
Cosa più importante, Putin ha ripetutamente condannato la bellicosità unilaterale di Washington in tutto il mondo, infatti il ​​presidente russo è diventato il leader de facto di un crescente movimento di resistenza il cui obiettivo primario è fermare le destabilizzanti guerre di Washington e ricostruire la sicurezza globale sul principio fondamentali della sovranità nazionale. Ecco come Putin ha riassunto tutto questo al Club Valdaj:
“Non ci sono dubbi che la sovranità sia la nozione centrale dell’intero sistema delle relazioni internazionali. Il rispetto di essa e il suo consolidamento contribuiranno a rinforzare la pace e la stabilità sia a livello nazionale che internazionale… In primo luogo, occorre garantire una sicurezza uguale e indivisibile per tutti gli Stati” (Riunione del Club di Discussione Internazionale Valdaj, Il Futuro in Corso: Dare Forma al Mondo di Domani, Dall’Ufficio del Presidente della Russia)
Questo è un tema familiare di Putin, e risale al suo famoso manifesto di Monaco nel 2007, un discorso che chiunque abbia il minimo interesse per gli affari esteri dovrebbe leggere integralmente. Ecco un estratto:
“Stiamo assistendo ad un disprezzo sempre più grande per i principi fondamentali del diritto internazionale. E le norme giuridiche indipendenti stanno, di fatto, diventando sempre più simili al sistema giuridico di un singolo Stato. Uno Stato, il più importante, gli Stati Uniti ovviamente, che ha superato in ogni modo le proprie frontiere nazionali. Questo è visibile nelle politiche economiche, politiche, culturali ed educative che impone ad altre nazioni. Beh, a chi piace questo? Chi è felice di questo?…”
“Sono convinto che abbiamo raggiunto quel momento decisivo in cui dobbiamo pensare seriamente all’architettura della sicurezza globale. E dobbiamo cercare un ragionevole equilibrio tra gli interessi di tutti i partecipanti al dialogo internazionale” (“Le Guerre non Diminuiscono”: l’iconico discorso di Putin del 2007 a Monaco di Baviera, YouTube)
Il discorso di Monaco venne fatto quattro anni dopo che Washington lanciò la sua sanguinosa invasione dell’Iraq, un’invasione alla quale Putin si oppose duramente. Il discorso mostra la maturità di pensiero di Putin che, a differenza degli altri leader mondiali, non è svelto a giudicare né a trarre conclusioni affrettate. Al contrario, si prende il suo tempo, analizza una situazione accuratamente e poi agisce di conseguenza. Una volta che si è fatto un’idea, raramente tentenna. Non è un voltagabbana.
L’opposizione di Putin al dominio mondiale unipolare, ovvero la politica autoritaria di Washington e tutti coloro che la appoggiano, non è un segno di antiamericanismo, ma di pragmatismo. L’aggressione che dura da 16 anni di Washington in Asia Centrale, Nord Africa e Medio Oriente ha solo intensificato le crisi, alimentato l’instabilità, coltivato il terrorismo e incrementato morte e distruzione. Non ci sono state vittorie nella Guerra al Terrore, solo violenza infinita e montagne di cadaveri. E soprattutto (come dice Putin) “Nessuno si sente al sicuro”.
Ecco perché Putin ha tracciato una linea nella sabbia in Siria e in Ucraina. Il presidente russo ha ora inviato truppe e aerei per fermare il comportamento aggressivo di Washington. Ancora una volta, questo non perché odia l’America o cerca lo scontro, ma perché il sostegno di Washington agli estremisti violenti richiede una risposta ferma. Non c’è altro modo. Allo stesso tempo, Mosca continua a cercare attivamente una soluzione pacifica per entrambe le crisi. Ecco ancora Putin:
“Solo dopo aver posto fine ai conflitti armati e assicurato lo sviluppo pacifico di tutti i paesi saremo in grado di parlare del progresso economico e della risoluzione dei problemi sociali, umanitari e di altro tipo…
È essenziale fornire condizioni per il lavoro creativo e la crescita economica ad un ritmo che porrebbe fine alla divisione del mondo tra vincitori permanenti e perdenti permanenti. Le regole del gioco dovrebbero dare alle economie in via di sviluppo almeno una possibilità di raggiungere coloro che riteniamo economie sviluppate. Dovremmo lavorare per equilibrare il ritmo dello sviluppo economico e rafforzare i paesi e le regioni in ritardo, in modo da rendere il frutto della crescita economica e del progresso tecnologico accessibile a tutti. In particolare, ciò contribuirebbe a porre fine alla povertà, uno dei peggiori problemi contemporanei.
Un’altra priorità è la sanità globale… Tutte le persone del mondo, non solo le élite, dovrebbero avere il diritto a vita sana, lunga e piena. Questo è un obiettivo nobile. In breve, dobbiamo costruire oggi le basi per il mondo futuro investendo in tutte le aree prioritarie dello sviluppo umano” (Riunione del Club Internazionale Valdaj)
Ecco perché penso che le storie di Putin che uccide i giornalisti sono assurdità. Sembra veramente improbabile che un uomo che crede nell’assistenza sanitaria universale, nel lavoro creativo, nel mettere fine alla povertà e nell’“investire in tutte le aree prioritarie dello sviluppo umano”, abbia ucciso allo stesso tempo rivali politici come un comune gangster. Lo trovo estremamente difficile da credere.
La parte più interessante del discorso di Valdaj di Putin è la sua analisi degli sconvolgimenti sociali che hanno attraversato l’UE e gli Stati Uniti, con conseguente diffuso rifiuto dei candidati politici tradizionali e dei loro partiti. Putin ha osservato attentamente questi sviluppi e ha espresso una grande quantità di pensieri. Ecco quello che dice:
“Con l’agenda politica già eviscerata così com’è e con le elezioni (americane) che hanno smesso di essere uno strumento per il cambiamento, ma che costituisce invece un’occasione per creare scandalo e gettare fango… E sinceramente, uno sguardo alle piattaforme dei diversi candidati dà l’impressione che siano stati fatti con lo stesso stampo – la differenza è lieve, se esiste…
Sì, formalmente, i paesi moderni hanno tutti gli attributi della democrazia: elezioni, libertà di parola, accesso all’informazione, libertà di espressione. Ma anche nelle democrazie più avanzate la maggioranza dei cittadini non ha alcuna reale influenza sul processo politico e non ha un’influenza diretta e reale sul potere…
Sembra che le élite non vedano la stratificazione sempre più profonda nella società e l’erosione della classe media… (ma la situazione) crea un clima di incertezza che ha un impatto diretto sullo stato d’animo della gente.
Studi sociologici condotti in tutto il mondo mostrano che le persone di diversi paesi e di diversi continenti tendono a vedere il futuro come torbido e scuro. Questo è triste. Il futuro non li attrae, ma li spaventa. Allo stesso tempo, le persone non vedono alcuna opportunità o mezzo per cambiare qualcosa, influenzare gli eventi e modellare la politica.
Quanto alla pretesa che le frange e i populisti abbiano sconfitto la saggia, sobria e responsabile minoranza – non stiamo parlando di populisti o simili, ma di persone ordinarie, cittadini comuni che stanno perdendo fiducia nella classe dominante. Questo è il problema…
La gente percepisce un divario sempre crescente tra i suoi interessi e la visione dell’elite dell’unico corso possibile, un corso scelto dalla stessa élite. Il risultato è che spesso i referendum e le elezioni creano sorprese per le autorità. Le persone non votano affatto come gli hanno consigliato i media ufficiali e rispettabili, né come gli hanno consigliato i partiti principali. I movimenti pubblici che di recente sono stati troppo di estrema sinistra o troppo di estrema destra si stanno prendendo la scena, e stanno spingendo da parte i pesi massimi politici.
In un primo momento, questi risultati scomodi sono stati frettolosamente dichiarati anomalie o colpi di fortuna. Ma quando sono diventati più frequenti, le persone hanno cominciato a dire che la società non capisce quelli che si trovano al potere, e che non è ancora sufficientemente matura per valutare il lavoro delle autorità per il bene pubblico. Oppure sprofondano nell’isteria e dichiarano il risultato opera della propaganda straniera, di solito quella russa” (Riunione del Club di Discussione Internazionale Valdaj)
Putin esprime alcuni punti importanti, quindi riassumiamo:
1/ Le elezioni non sono più uno strumento per il cambiamento.
2/ L’aspetto della democrazia rimane, ma la gente non ha più il potere di cambiare le politiche o il processo politico.
3/ L’impotenza politica ha portato alla frustrazione, alla depressione e alla rabbia. Sono emersi nuovi movimenti e candidati che abbracciano rimedi più estremi perché i partiti tradizionali non rappresentano più la volontà del popolo.
4/ Le élite isolate sono diventate più ottuse e non capiscono la rabbia che ribolle appena sotto la superficie di una società apparentemente tranquilla.
5/ Sempre più persone hanno paura del futuro. Non vedono speranze per sé stessi, i loro figli o il paese. Il divario fra ricchi e poveri continua ad alimentare la diffusa rabbia populista.
6/ L’elezione di Trump indica un ampio rifiuto della classe politica del Paese, dei suoi media, del suo sistema economico e delle sue istituzioni primarie.
Questa è un’analisi di prima classe da parte di un uomo che non solo ha trascorso molto tempo a pensare a queste cose, ma ha anche individuato il particolare evento da cui è emersa l’attuale crisi; la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ecco quello che dice:
“L’anno scorso, i partecipanti al forum Valdaj hanno discusso i problemi dell’attuale ordine mondiale. Purtroppo, poco è migliorato in questi ultimi mesi, anzi, sarebbe più onesto affermare che nulla è cambiato.
Le tensioni generate dai cambiamenti nella distribuzione dell’influenza economica e politica continuano a crescere… Essenzialmente, l’intero progetto di globalizzazione oggi è in crisi e in Europa, come sappiamo bene, sentiamo voci che ora affermano che il multiculturalismo è fallito.
Penso che questa situazione sia per molti aspetti il ​​risultato di scelte sbagliate, frettolose e, in certa misura, fatte con troppa sicurezza di sé da élite di alcuni paesi un quarto di secolo fa. All’epoca, alla fine degli anni ‘80 e agli inizi degli anni ‘90, c’era la possibilità non solo di accelerare il processo di globalizzazione, ma anche di dargli una qualità diversa e renderlo più armonioso e sostenibile.
Ma alcuni paesi che si sono visti vittoriosi nella Guerra Fredda non solo si sono considerati tali, ma lo hanno detto apertamente, e hanno avviato il processo riformando semplicemente l’ordine politico ed economico globale per adattarlo ai propri interessi.
Nella loro euforia essi hanno sostanzialmente abbandonarono un dialogo proficuo e alla pari con altri attori della vita internazionale, e scelsero di non migliorare o creare istituzioni universali; tentarono invece di sottomettere l’intero mondo alle proprie organizzazioni, norme e regole. Scelsero la strada della globalizzazione e della sicurezza per loro stessi, per pochi eletti, e non per tutti” (Riunione del Club di Discussione Internazionale Valdai)
Ha ragione, vero? Il progetto di globalizzazione è in crisi, e il motivo per cui è in crisi è perché tutti i vantaggi sono andati alle persone che hanno creato la politica originale, l’1 per cento. Così ora le persone negli Stati Uniti e nell’UE stanno schiumando di rabbia, stanno prendendo misure disperate per riaffermare il controllo sul sistema. Ecco cosa riguardava la Brexit; ecco cosa riguardava l’elezione di Trump; ed è proprio questo che riguarda lo scontro tra Macron e la Le Pen. Tutti e tre sono esempi della rabbia populista sommersa rivolta contro le élite che hanno imposto il loro sistema di auto-avvantaggiamento su tutti gli altri, aggravando il costante declino degli standard di vita, la grande insicurezza economica e la perdita della sovranità nazionale.
Questa è la prima volta che ho visto l’attuale ondata di turbolenza sociale fatta risalire alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma ha completamente senso. Le élite occidentali hanno visto il collasso dell’URSS come una luce verde per perseguire maniacalmente la propria agenda globale e imporre il loro modello economico neoliberista al mondo, un processo che ha accelerato notevolmente dopo l’11 Settembre. Gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle sono diventati l’evento cruciale che ha innescato la riduzione delle libertà civili, la valorizzazione dei poteri esecutivi e l’inizio di una guerra globale al Terrore. Senza essere ostacolati da un rivale serio, Washington si è sentita libera di imporre il proprio sistema amico delle corporazioni al mondo, rivedere la mappa del Medio Oriente, occupare i paesi dell’Asia centrale e rovesciare i regimi laici ovunque andasse. Il trionfalismo del capitalismo occidentale è stato riassunto nelle parole giubilanti del presidente George H. W. Bush, che ha dichiarato nel 1990, prima del lancio di Desert Storm: (D’ora in avanti) “si fa quello che diciamo noi”. Il pronunciamento è stato una dichiarazione inequivocabile della volontà di Washington di governare il mondo e di stabilire un nuovo ordine.
Ora, 27 anni dopo, gli Stati Uniti sono rimasti bloccati in Siria e in Ucraina. Nuovi centri di potere economico stanno emergendo, si formano nuove alleanze politiche e l’autorità di Washington viene apertamente contestata. Il compito di Putin è quello di bloccare i progressi di Washington, creare disincentivi tangibili all’aggressione e porre fine agli interventi stranieri. Il presidente russo potrebbe dover fare qualche passo indietro per evitare la Terza Guerra Mondiale, ma in ultima analisi l’obiettivo è chiaro e raggiungibile. Lo Zio Sam deve essere tenuto a freno, la guerra deve fermarsi, la sicurezza globale deve essere ristabilita e la gente deve essere libera di tornare alle proprie case in pace.
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Articolo di Mike Whitney pubblicato su Counterpunch il 28 aprile 2017.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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